I Balcani occidentali chiamano l’Europa: c’è bisogno di cambiamento, Eleonora Poli, EURACTIV, 8 April 2021
Nei Balcani sta crescendo la consapevolezza che l’Unione europea possa non essere l’unico partner disponibile. Da parte di Bruxelles occorre una certa dose di ottimismo pragmatico e realismo geopolitico sull’allargamento, che dovrebbe essere al centro anche della Conferenza sul futuro dell’Europa. *
La pandemia di coronavirus ha aggravato le vulnerabilità dei Paesi dei Balcani occidentali e mostrato la debolezza delle loro istituzioni statali, in particolare nei riguardi del settore sanitario e della protezione sociale. Allo stesso tempo, e in relazione alla limitata efficacia del processo di allargamento europeo degli ultimi anni, l’implementazione di riforme vive un periodo di stagnazione ed alcuni paesi stanno sperimentando preoccupanti regressioni dello stato di diritto. Lo scoppio della crisi pandemica ha inoltre accresciuto, in particolare nell’ambito della competizione sulle vaccinazioni anti Covid-19, la presenza di altri attori geopolitici nella regione: non solo Cina, ma anche Russia e Emirati Arabi Uniti.
La consapevolezza che l’Ue possa non essere l’unico partner disponibile sta crescendo. Con altri poteri, non particolarmente noti per pratiche democratiche, che (ab)usano i Balcani occidentali per la promozione dei propri interessi, diventa evidente che una visione dei Balcani come democrazie libere e veramente europee non sia più cosa ovvia.
Dopo un lungo periodo di magra nelle politiche di allargamento dell’Ue, è ora il momento di agire e reinserire nell’agenda politica europea l’intero spettro delle politiche dell’Ue applicabili alla regione.
In tempi di grandi cambiamenti politici, la stessa Unione Europea deve lasciarsi alle spalle la sua tradizionale cassetta degli attrezzi. È necessario faccia progressi nell’europeizzazione del suo vicinato nei Balcani occidentali e provveda a sostanziali fnanziamenti e ad una sufciente volontà politica per l’implementazione delle sue politiche di allargamento.
La recente riforma della politica di allargamento comprende alcuni nuovi approcci e meccanismi, ma incontra Paesi nei Balcani occidentali che temono di rimanere permanentemente il cerchio esterno dell’Ue. È quindi giunto il tempo per l’Ue di confrontarsi con la realtà, rassicurare e dimostrare che I Paesi della regione sono potenziali futuri Stati membri e, nel concreto, accelerare i piani di investimento rafforzati. Sebbene le riforme interne dell’Ue siano essenziali per consolidare strutture, migliorare il suo funzionamento e consentire all’Unione di allargarsi, sarebbe una mossa sbagliata per
l’Ue ritirarsi ora all’interno dei propri confni e fngere di non vedere le crescenti sde nel suo più prossimo vicinato.
Al contrario, una certa dose di ottimismo pragmatico e realismo geopolitico aiuterebbe a mettere da parte l’annosa combinazione di pandemia, riforme ed allargamento. Un attore globale europeo, con al suo centro una Commissione europea geopolitica, sarebbe ora di migliore ispirazione per la condivisione dei valori europei: essere di ispirazione con il proprio stile di vita, e non semplicemente proteggerlo, e convincere con ideali e risultati democratici.
L’Ue non deve chiudere gli occhi sui Balcani occidentali che affrontano problemi strutturali profondamente radicati, che vanno da uno stato di democrazia imperfetto a società ostaggio di élite dominanti, partiti politici, politiche elitarie e discorsi nazionalisti. I governi, temendo il collasso di sistemi sanitari fondamentalmente deboli, hanno introdotto rigide misure, inclusi stati di emergenza senza limite di tempo, lockdown generali, restrizioni alle libertà individuali e un accresciuto controllo generale sulle società. In questa situazione il già debole sistema di checks and balances è stato reso ancora più fragile, con parlamenti emarginati, procedure formali ignorate e il sistema giudiziario indebolito.
Queste dinamiche, giustifcate con una situazione di crisi, hanno di fatto rafforzato la percezione di impunità e mancanza di responsabilità delle élite al governo. C’è quindi disperato bisogno di rafforzare, e non allentare, lo stato di diritto come pilastro fondamentale di qualsiasi stabile democrazia liberale, soprattutto in un contesto in cui populismo, polarizzazione e tendenze all’autoritarismo sono in aumento, non solo in parti dell’Europa ma a livello globale.
Alcune élite al potere, anche all’interno dell’Ue, si presentano come democratiche e favorevoli all’integrazione europea, ma quando i riettori si spengono, promuovono politiche clientelari che impediscono inclusione sociale e aggravano le fratture interne alla società. La discrepanza tra parole e fatti ci ricorda che forse il processo di europeizzazione ha prestato troppa attenzione alle élite e alla loro formale posizione europeista. Questo deve cambiare. Modifcando un approccio élite-centred, I vari programmi europei, come quelli a sostegno della mobilità, dei viaggi visa-free, della società civile e dei media, accrescerebbero automaticamente la loro importanza, diventando reali motori di cambiamento.
I prossimi anni saranno decisivi per il futuro democratico ed europeo dei Balcani Occidentali. Oltre ad una credibile prospettiva di allargamento e ad una narrazione positiva di riforme, che necessita di essere reinventata e rinvigorita, è vitale rafforzare lo stato di diritto, il dialogo civico, il pluralismo, così come la giustizia sociale e la lotta alla corruzione. Nel mezzo della pandemia, possono vedersi nuove dinamiche regionali: si è assistito in Montenegro ad un cambio di governo, accompagnato da molti punti interrogativi circa la sua politica; le elezioni in Kosovo, con l’importante voto delle giovani generazioni e delle donne a Albin Kurti, nuovo premier, e Vjosa Osmani, neo-presidente della Repubblica, potrebbero costringere questi ultimi a mantenere le loro promesse.
In altre parti della regione, nuovi movimenti ed iniziative bottom-up e grassroot stanno combattendo per una più ampia idea di società giusta e democratica. Sono ancora tentativi locali e di piccolo dimensioni, ma mostrano il potenziale che hanno la mobilitazione e l’impegno civile nati da lotte quotidiane. Questi movimenti civili di emancipazione sono al centro di più ampi cambiamenti sociali che dovrebbero portare a società più democratiche, libere, eguali e giuste nei Balcani occidentali. Questo è il motivo per cui porre una notevole e consistente attenzione alla dimensione sociale e civile della regione sembra una scelta senza alternative.
Sarebbe incoraggiante vedere l’Ue sostenere con passione queste nuove forze e con loro impegnarsi, creando così le condizioni per un cambiamento nei Paesi dei Balcani occidentali e facendo di questo anche parte integrante dei dibattiti interni europei, ad esempio nel quadro della Conferenza sul future dell’Europa.
Un rinnovato allargamento dell’Ue, un nuovo e reale impegno per il futuro europeo della regione deve basarsi sulla mobilitazione dei suoi cittadini e sulla costruzione di fiducia, per offrire opportunità, dare speranza e diffondere ottimismo. Questo è ciò di cui non solo i Balcani Occidentali, ma tutto il continente europeo ha bisogno in un periodo di pandemia, con tutte le conseguenze cheessa comporta.
A nome del network WB2EU co-finanziato dalla Commissione europea attraverso l’azione Jean Monnet del programma Erasmus+:
Eleonora Poli, Istituto Affari Internazionali (IAI)
Paul Schmidt, Austrian Society for European Politics (ÖGfE)
Vedran Džihić, Austrian Institute for International Aairs (oiip)
Inva Nela, Cooperation and Development Institute (CDI)
Nedžma Džananović Miraščija, University of Sarajevo, Faculty of Political Sciences
Evelina Staikova-Mileva, New Bulgarian University, Centre for European Refugees, Migration and Ethnic Studies (CERMES)
Senada Šelo Šabić, Institute for Development and International Relations (IRMO)
Amélie Jaques-Apke, EuropaNova Deutschland / Elise Bernard, EuropaNova France
Katrin Böttger, Institut für Europäische Politik (IEP)
Nikolaos Tzifakis, Department of Political Science and International Relations (PEDIS), University of the Peloponnese
Christina Griessler, Andrássy University Budapest (AUB)
Venera Hajrullahu, Change Experts Group (CEG)
Jovana Marović, Politikon Network (PIN)
Ivan Stefanovski, EUROTHINK – Centre for European Strategies
Rufen Zamfir, GlobalFocus Center
Marko Savković, Belgrade Fund for Political Excellence (BFPE)
Marko Lovec, University of Ljubljana, Faculty of Social Sciences – Centre of International Relations (CIR)
* DISCLAIMER: Le opinioni espresse in questo articolo riflettono unicamente la posizione personale dell’autore/autrice.
Fotocredit: © European Union, 2018. Source EC – Audiovisual Service